lunedì 5 dicembre 2011

appuntamento alla fiera

Se l'8 dicembre siete a Roma, vi raccomando la fiera "Più Libri, Più Liberi" e in particolare...

Tavola Rotonda

LE PROFEZIE DI McLUHAN
A cento anni dalla nascita
Interverrano:
Alberto Abruzzese, Gianpiero Gamaleri, Michele Mirabella,

Mario Morcellini, Marco Pigliacampo, Vincenzo Vita

Giovedì 8 Dicembre, ore 15

PIU' LIBRI PIU' LIBERI
Sala Rubino – Palazzo dei Congressi dell’Eur, P.za Kennedy 1, Roma

domenica 13 novembre 2011

Strisciano le false notizie

La mia opinione su Striscia la Notizia è piuttosto articolata e non proprio positiva; in sintesi, potrei dire che è una di quelle trasmissioni ambigue, come anche Le iene, che tendono a denunciare i peccati e i peccatori del mondo televisivo senza attaccare il modello generale, di cui sono esse stesse esempi eclatanti.
Spesso, comunque, segnala al grande pubblico misfatti e abitudini deplorevoli. Così anche in un servizio di qualche giorno fa su come i telegiornali hanno presentato il tragico alluvione di Genova della scorsa settimana:
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?13916

E' quasi incredibile, eppure è successo che importanti telegiornali (quello di RaiNews24 per primo, poi anche il Tg2 e il Tg3) hanno presentato un evento così drammatico mischiando dolosamente immagini reali dei fatti con immagini di un precedente alluvione, che ci fu a Sestri Ponente più di un anno fa, nell'ottobre 2010, a causa dello straripamento di un altro fiume, il Chiaravagna. Immagini forti, emozionanti, che incollano lo spettatore allo schermo invaso da un'acqua scura e travolgente.

Si parla di errori, del fatto che le immagini di repertorio non sono state archiviate con un marchio che ricordi data e luogo di provenienza. Ma parlare solo di errori è del tutto fuorviante. La verità è che nei nostri telegiornali è diffusa la consolidata e malcelata abitudine dei giornalisti e addetti ai lavori a cercare "scorciatoie" al percorso di lavoro per arrivare per primi o con più immagini a confezionare un servizio spettacolare.
Come se l'unica finalità del loro lavoro fosse quella di confezionare un prodotto accattivante.
Come se l'obiettivo di informare le persone sia meno importante di quella di intrattenerle.
In questo - è evidente - Striscia e i Tg 'ufficiali' si assomigliano moltissimo.

martedì 1 novembre 2011

L’impotenza dei telegiornali (quando ride Sarkò)

La bufera economica che sta colpendo il nostro Paese, portandolo in poco tempo ad essere il più grave pericolo che l’Unione Europa ha mai corso fin dalla sua nascita, sta mettendo a nudo tutta l’inadeguatezza di gran parte dei telegiornali italiani. Non solo la partigianeria delle loro opinioni, ma anche la scarsità dei loro mezzi professionali e deontologici.
E’ stata emblematica la vicenda della settimana scorsa della conferenza stampa di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, in cui hanno risposto con sorrisi ironici alla domanda di una giornalista sulla fiducia che nutrono per Silvio Berlusconi. La puntata di Tv Talk di sabato scorso ha perfettamente riassunto come i telegiornali italiani hanno trattato il fatto tra il giorno stesso della conferenza e il giorno successivo: http://www.tvtalk.rai.it/contributi.asp?page=1&tipo=7&ID=928

In sintesi, addirittura 5 dei 7 maggiori telegiornali non hanno riportato la notizia (Tg5, Tg4, StudioAperto) o l’hanno minimizzata (Tg1 e Tg2), mentre solo chi ha seguito il Tg3 e il Tg di La7 ha avuto modo di sapere cosa era successo. Eppure il giorno seguente, dopo che il Governo aveva diffuso un comunicato in cui stigmatizzava le risate dei due Primi Ministri e dichiarava di “non accettare lezioni da nessuno”, tutti i telegiornali si sono precipitati a commentare e dare le proprie opinioni sulla vicenda: “Sarkozy ha esigenze elettorali..” (Tg1), “la Francia non è in grado di dare lezioni all’Italia..” (Tg2), “Ma che pensino ai loro Paesi..” (Tg4), “L’hanno fatta grossa..” (Tg5), fino a paragonare il Presidente francese a una iena: “Sarkozy Ridens..” (StudioAperto).

Oggi, in Italia, appare purtroppo quasi scontato che ci siano testate giornalistiche (le virgolette sono d’obbligo per chi – come noi – crede ancora al giornalismo..) che un giorno decidono di ignorare completamente una notizia e il giorno seguente la danno per scontata.. ancora senza raccontarla, ma coprendola di opinioni e commenti. La regola base del giornalismo è distinguere i fatti dalle opinioni, mentre qui le notizie passano direttamente da negate a commentate.

Purtroppo l’offerta televisiva dei telegiornali italiani non ci stupisce più, oramai sono tutti ampiamente prevedibili, anche quelli che le notizie le danno con l’idea di aggravarle. Ma non possiamo rassegnarci, non può starci bene. La verità è che si assumono funzioni che non sono loro. Dovrebbero fare – innanzitutto – cronaca. Ma oramai la cronaca della politica si vede solo su La7, perché tutti gli altri telegiornali sono troppo condizionati dall’eccessiva vicinanza, dalla ‘parentela’ direi, con i protagonisti della lotta politica. Fino a 4-5 anni fa, questi comportamenti devianti dei giornalisti nostrani (le omissioni, le minimizzazioni, ecc.) erano molto meno spudorati. Probabilmente perché loro stessi non ne erano ancora assuefatti. Basta ricordare le polemiche che ci furono quando il Tg1 di Mimun minimizzò l’insulto (“Kapò”) di Berlusconi al deputato europeo Schultz.

Ma quest’ultima vicenda ci insegna anche un’altra cosa, se ci pensate bene: che i direttori dei telegiornali italiani cominciano a percepirsi come deboli, come impotenti. Hanno cominciato a dare per scontato che le notizie arrivino comunque, nonostante i loro innumerevoli sforzi per censurarle, ometterle, distorcerle.. ne siamo sempre più convinti anche noi.

martedì 25 ottobre 2011

Le 11 professioni del futuro che c'è adesso

Sono felice di essere stato invitato, lo scorso sabato, dai professori della Lumsa Cesare Protettì e Donatella Pacelli a dialogare con Derrick de Kerckhove su le nuove professioni del mondo del giornalismo e della comunicazione. E' sempre piacevole partecipare a iniziative di confronto e riflessione e scoprire l'interesse di molti, anche giovani, a scambiare le proprie idee o metterle in discussione.  In questo caso, sono doppiamente contento perché il confronto è stato molto fertile, grazie all'idea di De Kerckhove di presentare un'analisi comparata delle nuove professioni del web così come erano state identificate dall'Osservatorio TuttiMedia nel 2004 e dalle ulteriori nuove professioni del giornalismo e della comunicazione on line che oggi, nel 2011, sono le più richieste in Rete secondo una ricerca di Accenture.

Nel breve volgere di 7 anni, uno sviluppo sincopato della comunicazione in Rete (solo apparentemente lineare) ha condotto dalla ricerca di profili professionali che parevano molto innovativi, come "Web Editor", "Database Administrator", "Web Art Director", "Web Content Manger" o anche "Information Broker", verso profili più particolari e più discutibili.
Le 11 nuove professioni del "futuro che c'è adesso" sono:
- l'ottimizzatore di titoli, specializzato nella capacità di scrivere titoli che possano attirare i clic dei lettori;
- l'aggregatore di notizie, che recupera news da tante fonti informative per costruire la propria testata;
l'esperto di narrazione (o, meglio, narratività), che cura lo stile di un articolo per renderlo il più possibile "una storia" che i lettori seguano dall'inizio alla fine; 
il detective di dati, pronto a soccorrere ogni tesi con informazioni "oggettive" a suo supporto;
l'addetto a seguire le notizie, che opera un'azione di "filtro" di ciò che può interessare un soggetto o un'azienda;
- il curatore esplicativo, capace di trovare le risposte alle domande provocate dalla lettura delle notizie stesse;
- lo specialista di slideshow, specializzato nelle presentazioni multimediali;
- il viral checker, specialista di viralità, cioè azioni di marketing e promozione virale;
- il networker, esperto di gestione delle community professionali e, soprattutto, di crowd-sourcing (cioè di attività non retribuite di ideazione e progettazione di servizi o prodotti);
- il creatore di E-Book (l'unico prodotto "nuovo" che il pubblico è disposto a pagare);
- e, infine, il web developer, che rappresenta molto più del "vecchio" web editor.

Ciò che più mi ha colpito nel fare un confronto tra il primo e il secondo gruppo di profili professionali è la loro differente genesi implicita. Il Web Editor o le altre figure del 2004, anche quelle meno tecniche in senso informatico, sembravano proposte professionali intente a rispondere a una grande potenzialità, quella della Rete appunto. C'era in molte di loro (a riguardarle oggi) un forte carattere di pro-attività, come se ognuna di loro fosse una proposta differente per cavalcare e domare in modo diverso la natura selvatica della Rete.
Le professioni cercate oggi, invece, mi sembrano risposte necessarie a una Rete che ha preso tutt'altre strade rispetto a quelle ipotizzate qualche anno fa. Alle proposte incerte di sette anni fa si sostituiscono oggi le risposte precise prodotte da riflessi condizionati e quasi spontanei, come fossero del corpo più che della mente, alle onde della comunicazione che si abbattono sulle nostre spiagge.

Il problema non è solo "filosofico", ma assolutamente concreto.
Non solo perché ognuna di queste nuove figure professionali pone problemi metodologici e operativi rilevanti, ma anche perché, nel complesso, il loro livello di qualità intrinseca appare molto limitato.
Per averne un'illuminante rappresentazione, basta porsi una domanda: mentre qualche anno fa nessuno poteva neanche immaginare che colui che si chiamava "Giornalista" fosse sostituibile da un software, posssiamo avere la stessa certezza a proposito del "Aggregatore di Notizie" ?....
...

lunedì 10 ottobre 2011

Il trade-off tra identità e socialità



Segnalo la breve video-intervista, curata dall'Osservatorio TuttiMedia, ai margini del convegno "McLuhan. Tracce del futuro".



giovedì 29 settembre 2011

il gruppo Facebook sul libro

Visto che ultimamente mi son trovato a rifiutare i contatti di persone che non conosco ma che, credo, hanno letto il libro.. e visto che i miei amici abituali si sono sicuramente stancati di citazioni di McLuhan.. ho pensato di aprire il gruppo Facebook dedicato a "Marshall McLuhan. Aforismi e profezie":
http://www.facebook.com/groups/254470051264789/

Così posso disgiungere il mio profilo personale da quello del libro, dove potrò continuare a inserire liberamente citazioni, commenti, recensioni relative al volume e accettare tutte le 'amicizie' delle persone interessate.


In questo blog, inoltre, proverò a concentrarmi maggiormente sugli aspetti relativi alla Televisione, in funzione dell'intento iniziale che ho un po' tralasciato dopo la pubblicazione del volume. 

giovedì 22 settembre 2011

La Tv e la calza a rete. Conclusioni del dibattito su McLuhan


L'incontro di presentazione del libro su McLuhan si è concluso con questo bellissimo scambio con De Kerckhove a proposito di televisione, cool media e.. calze delle donne.

domenica 11 settembre 2011

Tutti i motivi del fascino di McLuhan

Pubblico il video della mia introduzione all'incontro di presentazione di "McLuhan. Aforismi e profezie", che il 13 luglio scorso ha ospitato De Kerckhove, Van Straten, Roscani, nella sede di Democratica - Scuola di Politica.
Il video completo del dibattito è disponibile sul sito di Democratica.

domenica 4 settembre 2011

Le fiaccole? Le portiamo noi

Una piacevole chiacchierata, in una serata estiva, con alcuni ragazzi disoccupati di L’Aquila a proposito di media, televisione, difficoltà da parte dei movimenti “dal basso” ad essere rappresentati correttamente sui giornali e televisioni italiane (anche quando riescono a coinvolgere decine di migliaia di persone..)
“L’unico che ha mandato giornalisti e telecamere ai nostri cortei, alle nostre manifestazioni, è stato Michele Santoro. Annozero."

Eppure – per dirla tutta – l’attenzione verso una protesta o un movimento spontaneo da parte di un programma televisivo, così come di ogni giornale con un determinato intento politico, nasconde sempre forme più o meno evidenti di manipolazione e strumentalizzazione.

“Prima ci ha contattato un collaboratore della trasmissione, poi ci ha fatto un.. casting. Non doveva parlare il più preparato di noi, ma il più ‘televisivo’.
Infine, ci ha chiesto di spostare il corteo di protesta nel centro de L’Aquila dal pomeriggio al tramonto, quando l’effetto del buio illuminato da centinaia di fiaccole avrebbe dato la sensazione (agli spettatori televisivi) di una folla ben più grande...

Visto che ci vide quantomeno scettici, il giornalista pensò bene di aggiungere:
 "Oh, non vi preoccupate: le fiaccole le portiamo noi!"

domenica 21 agosto 2011

Dobbiamo tutti diventare artisti

Sul sito di Democratica - Scuola di Politica è disponibile la video-registrazione integrale dell'incontro di presentazione del libro "McLuhan. Aforismi e profezie", che si è tenuto lo scorso 13 luglio a Roma.

Oltre al mio contributo, il filmato contiene quindi gli interventi di Roberto Roscani, Giorgio van Straten e soprattutto Derrick de Kerckhove, che ci ha regalato molte divertenti e intelligenti provocazioni sui nuovi media e la comunicazione, anche rispondendo alle domande dei partecipanti all'incontro.

Ha concluso l'intervento con uno stuzzicante auspicio: "Dobbiamo tutti imparare ad essere più percettivi, dobbiamo tutti diventare artisti!"

Puoi vedere (o anche scaricare) il video dal seguente link:
http://www.scuoladipolitica.it/static/magazine/Per-capire-McLuhan-il-video-del-seminario--544.aspx

domenica 24 luglio 2011

Cent'anni e molti equivoci

Si celebra in questi giorni (per la precisione, lo scorso 21 luglio) il centenario della nascita di McLuhan. Partecipo alla celebrazione con un modesto contributo sui temi di cui abbiamo parlato anche all'incontro del 13 luglio scorso: gli aforismi, le profezie, i tanti equivoci sulle sue idee.

Tra i motivi che hanno sollecitato una raccolta sistematica di frasi di Marshall H. McLuhan, oltre al fascino della figura, c’è la sensazione che si potesse fare qualcosa di più, in Italia, per rendere il suo pensiero più accessibile. Si incontra spesso un utilizzo quantomeno riduttivo se non fuorviante delle sue parole, sicuramente in articoli di stampa, a volte anche in saggi di studiosi. Si possono fare alcune considerazioni, in proposito, su tre ambiti specifici: la modalità espositiva di McLuhan, la sua capacità “profetica”, il suo contenuto “politico”.

Di aforismi, frasi a effetto, giochi parole, McLuhan ne produceva a bizzeffe, soprattutto nelle conferenze, nelle lezioni, nelle interviste televisive, ma anche nelle sue opere scientifiche, tant’è che la maggior parte delle frasi presenti nel libro che abbiamo curato sono estratte dalle sue tre principali opere scientifiche (La sposa meccanica, Galassia Gutenberg, Gli strumenti del comunicare): era un suo peculiare modo di produrre riflessione scientifica.
McLuhan aveva una grande fiducia nelle capacità delle forme orali di facilitare la riflessione. Proprio per questo non credeva fosse necessario raccoglierli sistematicamente in un volume: l’unico libro che fece che assomiglia a una raccolta di aforismi, lo intitolò “Il libro delle sonde”. Il concetto è affascinante:  ogni aforisma può essere come una sonda medica che aiuta a esaminare nel profondo le proprie idee. A conferma di questa idea, diceva: Il lettore passivo preferisce i testi compiuti, ma coloro che sono interessati a perseguire la conoscenza ricorrono agli aforismi, proprio perché sono incompleti e richiedono una profonda partecipazione della mente.
C’è da dire, credo, che proprio questo suo modo di produrre è stato uno dei motivi della diffusa incomprensione delle sue tesi più profonde. Sicuramente tante espressioni da lui create (“villaggio globale”, “galassia Gutenberg”, “il medium è il messaggio”) sono state ripetutamente e sempre più spesso utilizzate negli anni, ma non mantenendone sempre i significati originali, che sono molto più profondi di quelli che appaiono a priva vista. Purtroppo è lecito domandarsi, ancora oggi, se le teorie di McLuhan siano realmente visibili sotto una manciata di frasi che sono note ma che assomigliano sempre di più a quelli frasi rituali, quelle formule liturgiche, più facili da ricordare che da comprendere.

Passando al secondo aspetto: è di certo affascinante in McLuhan la sua enorme capacità predittiva, che per certi versi è inspiegabile. In molte sue affermazioni c’è una capacità di pre-figurazione e di anticipazione storica talmente forte che sembra siano state scritte oggi. Se poi si pensa che le ha scritte negli anni ’60, si resta sbalorditi a pensare su quali potevano essere stati, all’epoca, i “segnali deboli” da cui poteva aver intuito così tanto. Basti pensare che quando coniava frasi come La televisione preferisce trasmettere procedimenti di lavorazione piuttosto che prodotti finiti” poteva vedere solo i programmi tv di quegli anni, assolutamente  composti, che tutto facevano pensare tranne che a un prodotto instabile.
Oppure quando scriveva che L’esteriorizzazione dei sensi da parte dei media crea un cervello tecnologico mondialenon esistevano i personal computer, la telematica, né tantomeno Internet.
Quando si legge McLuhan, non si ha mai la sensazione che si stia riferendo a qualcosa di passato, ma tutt’altro, sempre a qualcosa di molto nuovo o addirittura che sta per arrivare.
C’è da dire – pure qui – che anche il valore profetico di ciò che scriveva McLuhan non ha agevolato l’accettazione delle sue tesi. La sensazione è che molti studiosi o osservatori scettici, si siano concentrati, negli anni, su  un atteggiamento “diagnostico” di quello che poteva essere il reale valore profetico delle singole frasi di McLuhan, tralasciando la sostanza delle sue tesi.
Quanto poco gli interessasse il valore profetico delle sue teorie è indicato da aforismi come  Il vero profeta è colui che sul futuro non dice mai nulla di nuovo” o la frase “Il futuro del futuro è il presente”.

Di certo, Il combinato disposto di un atteggiamento diagnostico degli scettici e del suo modo di scrivere ha lungamente creato, e crea ancora oggi, molte incomprensioni.
Uno degli equivoci più diffusi, per fare solo un esempio, riguarda la “profezia” del “villaggio globale”: molti studiosi concordano sul fatto che oggi è possibile comunicare in tempo reale con tutto il globo, ma nel segnalare che i rapporti sociali costruiti mediante le nuove tecnologie non hanno la solidità e il valore di quelli tradizionali, dichiarano che la profezia di McLuhan non si sarebbe avverata. La verità è la sua “profezia”, se così vogliamo chiamarla, è che i nuovi mezzi si caratterizzano per essi stessi (per le proprie strutture mediali) come promotori di nuove socialità, che hanno caratteristiche del tutto peculiari. Alcune di esse facilitano il recupero di abitudini tipiche delle comunità tradizionali (l'immediatezza, il coinvolgimento emotivo, etc.), mentre altre provocano l’insorgere di nuove abitudini, indipendenti e spesso opposte a quelle già diffuse. Il “villaggio globale” non è una comunità tradizionale divenuta grande quanto il globo, ma una condizione ampiamente inedita.

Tutto ciò si collega al terzo aspetto, il contenuto di McLuhan più “politico”, nel senso più ampio del termine. Questi fraintendimenti, infatti, derivano in buona parte dall’idea secondo la quale McLuhan fosse un apologeta dell’innovazione tecnologica, un “integrato”, se vogliamo utilizzare ancora la vecchia distinzione di Umberto Eco tra apocalittici e integrati. Non è così. Per McLuhan, i nuovi media sono una grande occasione per la ricerca, per la scuola, per le agenzie educative: analizzare i meccanismi di funzionamento dei nuovi media può contribuire a comprendere le capacità di influenza già presenti nei media tradizionali, i giornali, i libri, la pubblicità. In questo senso, anche la nota frase “il medium è il messaggiosignifica molto di più di quello che spesso si ripete nei contesti più disparati. Non tanto che la forma è più importante del contenuto, ma che, per dirla con le sue parole: Il contenuto di un medium è il succoso pezzo di carne con il quale il ladro tecnologico distrae il cane da guardia dello spirito”.
E McLuhan non era un integrato anche perché denunciava fortemente questa mancanza di consapevolezza circa gli effetti dei media sui comportamenti individuali e collettivi delle persone. Parlava di “sonno ipnotico” nel quale finivano per cadere tutti coloro che non erano in grado di esaminare i media con la dovuta attenzione. Mentre ancora si dibatteva, negli anni ’60, sui totalitarismi che hanno attraversato il secolo scorso, McLuhan era già preoccupato del diffondersi di una nuova forma di totalitarismo, più subdolo, meno visibile, fondato sull’utilizzo dei media di massa. Da un lato, denunciava – già all’epoca, oggi avrebbe fin troppi esempi – la manipolazione delle notizie come “merci”, fatta degli operatori dell’informazione. Un aforisma: “Quando si scrivono le notizie come se fossero trasmesse da un solo uomo per un altro uomo, c’è sempre il rischio che un tipo pericoloso di uomo si insinui al posto di controllo”.
Dall’altro lato, diceva che il pericolo del totalitarismo tecnologico si basa anche semplicemente sull’utilizzo commerciale e acritico dei media di massa.
Anche quando il signor Luce si accontenta dell’irresponsabile manipolazione delle tecniche mediatiche senza mirare a conseguire un diretto potere politico, tuttavia l’effetto del Balletto Luce è politico: dalla scena di questo potente intrattenimento emerge un pubblico rapito, inerme, sconsiderato”.

martedì 5 luglio 2011

Presentazione del libro: mercoledì 13 luglio, ore 18.30, Roma


A cento anni dalla sua nascita, trent’anni dopo la morte, Marshall McLuhan resta uno dei protagonisti del dibattito culturale sui temi della comunicazione e dei media.

Democratica – Scuola di Politica presenta il volume "Marshall McLuhan. Aforismi e profezie", un libro curato da Marco Pigliacampo che raccoglie riflessioni e idee del grande studioso.

Alla presentazione, mercoledì 13 luglio 2011 alle 18.30 in via Tomacelli 146, a Roma, parteciperanno:

- Derrick de Kerckhove, direttore del McLuhan Program dell’Università di Toronto
- Giorgio van Straten, membro del Cda Rai e scrittore
- Paolo Gentiloni, responsabile Ict del Partito democratico
- Marco Pigliacampo, curatore del volume

Introdurrà Salvatore Vassallo, direttore di Democratica.

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lunedì 4 luglio 2011

Libertà e potere. oggi, in rete

Qualche giorno fa ho partecipato alla presentazione dell'ultimo libro di Carlo Formenti "Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro", edito da EGEA, di cui ho trovato in rete questo ottimo estratto dal titolo "Net economy, i guru pentiti rileggono McLuhan".
Il dibattito stimolato dal libro è stato intenso e vivace, con i contributi pertinenti di Formenti e vari ospiti. Nei giorni seguenti ho riflettuto su alcune delle considerazioni ascoltate e ho focalizzato una serie di tematiche che penso debbano essere poste al centro dell'attenzione degli studiosi, su cui credo bisogna ancora produrre un maggiore approfondimento.

- La crescita mondiale di una nuova forma di capitalismo che non si fonda sul lavoro né sul contributo ricompensato di lavoratori.

- La sempre più crescente sostituzione di forme di lavoro intellettuale con algoritmi semantici in grado di produrre contenuti da contenuti.

- Il diffuso utilizzo da parte delle aziende della net economy di forme di produzione tacite, spesso involontarie, sempre gratuite, almeno nel senso di non ricompensate in denaro.

- La proliferazione in rete dei cosiddetti prosumer, cioè tutti coloro che sono al tempo stesso produttori e consumatori delle "merci" di informazione che scrivono, segnalano, leggono, condividono.

- Le forme di "libertà obbligatoria" che sono tipiche dei più popolari sistemi di condivisione e social networking, i quali producono schemi sempre più sofisticati e irretenti, dentro i quali i soggetti che li popolano esercitano un tipo di libertà che assomiglia molto (per dirla con Gaber) a "una chitarra buttata lì: ognuno suona quello che vuole e tutti suonano quello che vuole la libertà".

- Il problema degli algoritmi di ricerca semantica (a cui ho già accennato) utilizzati dai motori di ricerca, dai siti di social network e dai nuovi browser, che sempre più potentemente sono in grado di profilare gli utenti sui loro comportamenti in rete consolidandone le abitudini fino a definirne confini sempre più invalicabili.

- La crescente polarizzazione delle diversità, siano esse geografiche, sociali o culturali: contrariamente alla promessa iniziale della rete come luogo di incontro mondiale, le istanze distanti non solo sono ancora distanti ma rischiano di essere progressivamente ancorate a posizioni di lontananza.

Penso si tratti di temi assolutamente prioritari, che hanno radici lunghe ma che oggi si manifestano con così tanta chiarezza da divenire urgenti. Credo che il contributo degli studiosi può essere utile alla classe politica a comprendere meccanismi della nuova economia che vanno necessariamente monitorati e governati. Oggi, mi pare, abbiamo consolidato maggiori capacità di analisi rispetto a quando McLuhan, allarmato, scriveva riferendosi ai suoi colleghi che..

Parlare sempre di libertà e mai di potere è il risultato di una diffusa confusione mentale.

lunedì 27 giugno 2011

Il McLuhan odierno

Riporto anche qui il commento alla pubblicazione di "Aforismi e profezie" che mi ha chiesto la rivista MediaDuemila per la sua newsletter.


L’opera di selezione, classifica e revisione degli aforismi ha comportato tre anni di lavoro e si è rivelata più faticosa di quanto inizialmente ipotizzato. Tuttavia, il risultato finale ripaga ampiamente il tempo impiegato, dando alle stampe la prima raccolta completa in lingua italiana degli aforismi di Marshall McLuhan, un prezioso mosaico di oltre 800 frammenti che appare per la prima volta in tutto il suo splendore. All’interno delle pagine del libro, l’esteso e variopinto pensiero di McLuhan appare intensamente mobile, spesso incompiuto, a volte contraddittorio, mentre è intento a utilizzare iperboli e paradossi per disegnare immagini assolutamente affascinanti. Il volume, edito da Armando Editore nella collana diretta dal prof. Abruzzese, raccoglie citazioni che provengono soprattutto dalle principali opere di McLuhan. Ogni capitolo si apre con un meta-aforisma e propone i successivi pensieri raggruppati per temi (ad esempio, il denaro, il consumo, la moda, la pubblicità, la televisione, eccetera).

Forse McLuhan avrebbe optato per un accesso casuale ai suoi aforismi, confermando il suo stile originale e orgogliosamente anti-accademico. Eppure il raggruppamento delle citazioni per tema e opera agevola l’accesso alle sue tesi. Riferendosi agli anni di pubblicazione delle opere originali, il volume ristabilisce un percorso di riflessione che gli studiosi italiani hanno avuto difficoltà a seguire, poiché le edizioni italiane delle opere furono pubblicate in ritardo e senza rispettare la sequenza di produzione. In particolare, la prima importante opera (La sposa meccanica, scritta nel ‘51) arrivò in Italia solamente nell’84, quando già molti nostri intellettuali avevano accusato McLuhan di essere un “integrato”, cioè di sostenere acriticamente il progresso tecnologico. Accusa che avrebbe perso consistenza se paragonata al durissimo attacco alla società dei consumi che rappresenta La sposa meccanica.

Oggi, che tutti gli studiosi di comunicazione riconoscono il valore fondamentale delle tesi di McLuhan, è anche diffusa una forte attrazione per gli aforismi e le profezie del professore canadese. Uno dei motivi di questo fascino sta, senz’altro, nella concisione del genere e nella sua capacità di concentrare idee complesse in testi concentrati. Ma sicuramente c’è anche l’adattabilità di questi frammenti di conoscenza alle menti odierne, abituate da Google e da Wikipedia a pensare in maniera ipertestuale.
Lo segnala Derrick de Kerckhove proprio nella postfazione che chiude il libro: “Oggi le persone trovano che le sequenze di frasi scollegate siano perfettamente accettabili come modalità di conoscenza. E utilizzano Google come un infinito ipertesto. McLuhan è perfetto per i nostri tempi, perché il suo stile è più adatto alla predisposizione mentale dei lettori di oggi che di quelli del suo tempo”.

martedì 14 giugno 2011

torniano alle notize sul tempo

stasera il Tg1 ha superato la migliore rappresentazione di sé stesso.. quando la conduttrice alle ore 20.20, poco prima del solito gran finale di servizi di colore, ha letto il gobbo recitando: "Torniamo ora alle notizie sul tempo."..
e pensate che c'erano già stati un paio di servizi sull'estate che arriva e le immancabili previsioni fornite in diretta da un'esperta della materia...   
(quasi inutile aggiungere che oggi è stata una normalissima giornata di giugno in tutta Italia e in tutta Europa)
...
Comincio a pensare che Minzolini sia da ringraziare. E che sia un semiologo di altissimo livello.
Comincio a pensare che la sua scelta editoriale (di parlare più del meteo di qualsiasi cosa accada al mondo) sia una scelta mediologica prima ancora che programmatica.
Comincio a pensare che sia ammirevole l'impegno con cui sta moltiplicando prove e conferme di quella considerazione di McLuhan che diceva così..

I servizi sul tempo sono il più importante articolo della televisione, perché la notizia sul clima è una forma d’informazione interamente elettronica, mentre le altre notizie conservano in gran parte gli schemi e i preconcetti della parola stampata.


sabato 11 giugno 2011

tutto i libri in Google.. anche il mio

Neanche ho fatto in tempo io stesso a darne l'annuncio in questo blog!
E' incredibile la velocità (un paio di giorni dalla pubblicazione..) con cui Google Libri ha reso disponibili in rete le pagine scannerizzate di ampia parte del mio libro "Marshall McLuhan. Aforismi e profezie", edito da Armando Editore, Roma.
Il libro celebra il centenario dalla nascita di McLuhan con una raccolta ragionata di sue citazioni, che ho selezionato a partire dalle sue opere principali. Il lavoro è impreziosito da una postfazione di Derrick de Kerckhove ed è stato pubblicato nella collana diretta da Alberto Abruzzese.
I romanzi futuristici degli anni '90 immaginavano nuove "realtà" prodotte dalla Rete ("il cyberspazio"). Oggi, al contrario, sembra che la Rete si stia progressivamente impossessando della realtà..

mercoledì 8 giugno 2011

Quando un convegno non fa primavera

Avendo partecipato sia al Convegno di Napoli (più accademico e informale, dedicato agli studenti) sia al Convegno di Roma (più istituzionale e formale, destinato ai giornalisti), ho avuto chiara la percezione di come si possa parlare di McLuhan e del suo lavoro in modi diversi e secondo differenti prospettive. Li ha accomunati la simpatia e la passione per la ricerca che scaturisce da ogni parola di Derrick de Kerckhove. E’ una passione che proviene dalla conoscenza diretta di McLuhan e, in particolare, dall’aver scavato a lungo, per molti anni, nelle parole del suo maestro.

Ecco, se c’è un aspetto che mi ha disturbato dell'evento di Roma (quello più pubblicizzato) è che ho avuto impressione che diversi relatori non conoscevano abbastanza il pensiero di McLuhan, specialmente gli italiani. A parte Giampiero Gamaleri (vero cultore della materia), ci sono state considerazioni interessanti da parte di Vincenzo Vita (sul “doveroso utilizzo politico degli insegnamenti di McLuhan”) e da Mario Morcelini (sulla durevole incapacità della comunità scientifica italiana di riconoscere la radicale originalità del pensiero mcluhaniano). Per il resto, tante chiacchiere, ambiguità, poca profondità.

Non a caso, molta parte della ricca rassegna stampa post-evento appare quantomeno scettica. Ad esempio, mi ha colpito un pezzo della rubrica Telepatia sul sito di Nova – IlSole24Ore, dove ho letto commenti come “il tentativo di mettersi sulle tracce del futuro ha restituito in buona parte slogan già noti, invece che concetti avanguardistici o interpretazione di segnali deboli” e “il proposito di organizzare un evento ispirato allo studioso canadese non solo nel metodo, ma anche nel merito sembra difficilmente realizzabile”.

Il problema non sono questi commenti sul convegno romano, peraltro condivisibili, ma il corto circuito che provocano allorquando il giornalista di turno si spinge a considerazioni sul pensiero di McLuhan, in base a quella deprecabile ma purtroppo diffusa abitudine per cui chi vede la grattata pensa di poter parlare anche del prurito. E pertanto: “più che a McLuhan, il tempo sembra aver dato ragione ai suoi critici” e ciò basta a “mettere in guardia contro il rischio di celebrazioni nominaliste”.

E’ persino paradossale, poi, che a giustificare tali tesi arrivino argomentazioni come la seguente:
per quanto riguarda la televisione, le predizioni del canadese (come quella secondo la quale il media del futuro, quale che sia, includerà la televisione come suo contenuto, non come suo ambiente, che cozza ad esempio con la realtà delle TV connesse) valgono le analisi e le ricerche dei suoi detrattori, come Raymond Williams, che per primo acutamente propose la nozione di flusso televisivo”.

Beh, mi scuso con tutti, in particolare con Paola Liberace di Telepatia, ma sicuramente avremo modo di approfondire il tema, mentre ora è troppo forte la tentazione di sorridere, trasformarmi in Woody Allen, andare a prendere McLuhan fuori schermo e fargli rispondere ancora una volta:
 You mean my fallacy is wrong?”.

sabato 28 maggio 2011

Berlusconi e il formato deperibile

Nei giorni scorsi si è parlato molto, sui giornali e on line, a proposito dell’invasione mediatica di Silvio Berlusconi, il quale - dopo i deludenti risultati elettorali del primo turno delle amministrative - è tornato prepotentemente a occupare gli spazi televisi per sostenere i candidati del Pdl ai ballottaggi, a cominciare dalla traboccante presenza in quasi tutti i telegiornali. In particolare, c’è stato un giorno (il 20 maggio scorso) in cui il premier è apparso continuamente sui nostri schermi con “comunicati al Paese” trasmessi da Studio Aperto su Italia Uno alle 18.30, dal Tg4 su Rete 4 alle 19, dal Tg1 su Rai 1 e dal Tg5 su Canale 5 alle ore 20 “a reti unificate”, nonché dal Tg2 su Rai 2 alle 20.30.


Ovviamente le polemiche politiche che ci sono state nei giorni seguenti erano scontate e non mi hanno sorpreso. Non entro nel merito, anche se non nascondo di apprezzare ciò che sulla vicenda ha scritto Famiglia Cristiana in un editoriale in cui dice che “sono state scritte due brutte pagine: una da un primo ministro proprietario di televisioni che si arroga prerogative inaccessibili agli avversari politici; l’altra da un giornalismo televisivo che non tiene dritta la schiena ma si genuflette”.

Ciò che più mi ha impressionato, invece, sono il calo degli ascolti per le apparizioni televisive di Berlusconi e i commenti che sono seguiti, non solo da parte di politici. Dati Auditel alla mano: il Tg5 ha perso oltre 20 mila spettatori rispetto alla stessa edizione del giorno precedente, il Tg2 ha perso 188 mila spettatori, il Tg1 – quello che ha mandato in onda il servizio più lungo sul premier - ha registrato la bellezza di 583 mila spettatori in meno. Non sono andati meglio, rispetto al giorno prima, neanche il Tg4 e Studio Aperto. Insomma dopo il flop elettorale, c’è stato quello televisivo.
Tutto ciò ha portato gli esponenti politici dell’opposizione, ma anche molti commentatori, ha concludere che il Paese si sarebbe stancato di Silvio Berlusconi e delle sue posizioni politiche, dei temi che rappresenta, delle rivendicazioni “garantiste” che porta avanti. Qualcuno ha dichiarato entusiasta: “il vento è cambiato, ora il Paese è insofferente alle menzogne”. Il flop del premier in tutti i telegiornali ne sarebbe un segno evidente.

Non ne sono così convinto. Considerazioni di questo tipo sono viziate da almeno un paio di semplificazioni. La prima è l’equivalenza, del tutto arbitraria, tra popolazione politica e pubblico televisivo. Non intendo solo ricordare un paio di semplici dati di fatto, cioè che il pubblico della televisione non è rappresentativo dell’intera popolazione e che questa non è identica alla parte di popolazione che gode di diritti politici, ma anche fare una considerazione che riguarda propriamente il carattere fortemente deperibile dei media.

Va tenuto conto, cioè, che tutti i media, e i format televisivi in modo particolare, hanno una spiccata propensione a divenire progressivamente obsoleti per il proprio pubblico di riferimento: coloro che più hanno avuto modo di seguire un certo medium più sono in grado di allontanarsi da esso. Nel nostro caso, coloro che hanno “tradito” il premier nelle sue apparizioni tv potrebbero essere coloro che maggiormente sono stati attratti – in passato – dal suo formato televisivo per antonomasia, fatto di un’inquadratura bloccata, di una scrivania autorevole, di una compostezza ricercata, di parole rassicuranti.

Così come il processo di mutamento delle forme di comunicazione è impercettibile ma inesorabile fino all’obsolescenza e al loro completo superamento, allo stesso modo è implicita ma inevitabile la capacità delle persone di comprendere tali forme fino ad emanciparsene. La mia tesi, insomma, è che i dati Auditel dei Tg rivelino come l’esposizione mediatica di Silvio Berlusconi abbia portato il suo format più tipico ad un livello di saturazione che non produce più l’attenzione dei telespettatori. Ma anche che tutto ciò non ha nulla a che fare con i contenuti del Berlusconi politico.

Conto di tornare presto sull’argomento, anche perché – se la tesi è fondata – potremmo vederne conferme: dal comportamento degli elettori o dalla ricerca di nuovi formati nuovamente attraenti.

sabato 21 maggio 2011

convegno 30 maggio a Napoli

 Convegno

Marshall McLuhan e il sapere digitale:

100 anni dopo

Auditorium InCampus, via Mezzocanone 14, Napoli

Lunedi 30 maggio 2011, dalle ore 10 alle 16

 

Sono stato invitato dagli organizzatori a intervenire al convegno per coordinare un "workshop di intelligenza connettiva" sul tema degli  aforismi di McLuhan.

Il programma prevede interventi di Norman Doidge, Derrick de Kerckhove, B. W. Powe.

Clicca qui:

http://www.digitalrumors.net/mcluhangalaxybcn11/mcmovie/?page_id=39&lang=it 

sabato 14 maggio 2011

Prendere il controllo delle persone sullo Schermo

Gli spot televisivi delle reti Mediaset avevano diffusamente spiegato i 5 “buoni motivi” per guardare e seguire “Human Take Control”, il programma di Italia1 che veniva annunciato come il primo programma italiano di un nuovo genere, definito come “Reality-Game”:


Nonostante i motivi decisamente attraenti, il nuovo programma è durata ben poco: appena tre puntate, che hanno raccolto mediocri risultati a livello di audience e che hanno convinto i dirigenti del canale a chiudere anticipatamente la trasmissione.    

Il format del programma possedeva molti elementi innovativi, a cominciare dal fatto che il pubblico aveva un controllo totale dei partecipanti al reality, i quali, chiusi in piccole celle, indossavano solamente tutine colorate ed erano completamente “manipolati” dalla volontà dei telespettatori. I concorrenti erano stati presentati esplicitamente come dei “Tamagotchi” lasciati totalmente nelle mani del pubblico, che aveva la possibilità di decidere su tutte le azioni che i Tamagotchi umani potevano compiere, tramite il televoto e sondaggi web.

Dato che il potere del pubblico di decidere lo svolgersi e l’esito finale delle storie e delle sfide tra concorrenti è un tratto caratteristico dei reality, divenuto col tempo il più distintivo, si può dire che Human Take Control sia un ultra-reality. In questo senso, l’idea di fondo del format (consegnare al pubblico ogni minima decisione sulle azioni dei concorrenti) è abbastanza aberrante.
E tuttavia credo che saremmo ingenui se ci spiegassimo l’insuccesso del programma con l’ipotesi che gli spettatori non abbiano gradito la spudoratezza con cui si porgeva loro un “tele-comando” così potente.
   
La realtà è un’altra. Il fatto è che quando un’idea (ma anche un medium, diceva McLuhan) viene spinto all’estremo, finisce per trasformarsi paradossalmente nel suo opposto. Avviene, cioè, quello che McLuhan chiamava “un’inversione pschica di massa”.
A ben vedere, infatti, si capisce che nella programmazione dell’edizione italiana di Human Take Control (format della società Endemol sviluppato inizialmente nella Tv israeliana) è avvenuto che il pubblico avvertisse una fortissima carica di ironia e derisione del proprio “potere” nel momento stesso in cui il programma gli porgeva cotanta facoltà.

Credo che siano almeno due i motivi che hanno portato il pubblico a questa “inversione psichica”: il primo è la scelta dei conduttori (il Mago Forrest e Rossella Brescia), che nell’immaginario televisivo sono associati a trasmissioni comiche e a sketch surreali; la seconda ragione è la scelta di selezionare i partecipanti al Reality-Game tra coloro che avevano già partecipato ad altri reality televisivi di successo (Grande Fratello, Isola dei Famosi, ecc.), creando la contraddizione di dare al pubblico la possibilità di costruire nuovi personaggi (con la loro totale dipendenza alle sue scelte) che avevano le facce di personaggi già noti (di cui gli spettatori avevano già conosciuto i tratti salienti).

Insomma, l’operazione è fallita non perché concettualmente aberrante, ma perché tecnicamente malgestita.

Gli autori italiani del programma non avevano (ancora) fatto proprio quel motto che consiglia: “Quando fai qualcosa di cui dovresti provar vergogna, nega imbarazzi e sii coerente fino in fondo”.
Altrimenti, direi, l’inversione psichica è dietro l’angolo.

domenica 8 maggio 2011

McLuhan. Aforismi e profezie - Il volume

Sono felice di postare qui - in anteprima - la copertina del volume che è in corso di pubblicazione presso Armando Editore.
Dalla quarta di copertina:

"Il volume, a cent’anni dalla nascita di Marshall McLuhan, uno dei più importanti e influenti interpreti dell’era contemporanea, raccoglie oltre 800 aforismi tratti dalle sue principali opere, ordinati per tema e distinti in quattro sezioni.

Le sue teorie hanno innovato radicalmente lo studio dei mezzi di comunicazione, sviluppando un approccio di ricerca umanistico del tutto originale, ancora oggi al centro del dibattito accademico. I giochi di parole e il gusto per il paradosso che contraddistinguono i saggi del grande teorico sono qui proposti quali nuovi stimoli a entrare nel “mosaico McLuhan”, per cogliere l’enorme portata del suo pensiero.

Il lettore scoprirà la ricchezza delle sue idee che rivelano un mondo complesso su cui riflettere e nel quale individuare un proprio, personale, percorso di pensiero."

sabato 30 aprile 2011

Le menti dei nostri tempi

Non dirmi che le mie idee non sono nuove, è l'ordine in cui sono che lo è
(Blaise Pascal).
Ho avuto il piacere e l’onore di ricevere da Derrick de Kerckhove un testo bellissimo da utilizzare come postfazione alla mia raccolta di aforismi di McLuhan, che sta per essere stampata da Armando Editore.
Dei tanti passaggi stimolanti, riporto qui il seguente passo:
Il motivo dell’attrazione per gli aforismi di McLuhan sta, senz’altro, nella concisione del genere e nella sua capacità di concentrare intuizioni incisive in un testo concentrato, proprio come accade nei miti. Molti dei suoi aforismi sono “micro-miti”, nel senso che condensano molta esperienza umana e saggezza popolare in forme paradossali, esattamente come fa il mito.
C’è poi l’adattabilità di questi frammenti di conoscenza umana alle menti odierne, abituate da Google e da Wikipedia a pensare in maniera ipertestuale. Oggi le persone trovano che le sequenze di frasi scollegate siano perfettamente accettabili come modalità di conoscenza. E utilizzano Google come un infinito ipertesto. McLuhan è perfetto per i nostri tempi, non solo per la sua valutazione incredibilmente predittiva dell'“Era dell’informazione”, ma anche perché il suo stile è più adatto alla predisposizione mentale dei lettori di oggi che di quelli del suo tempo.
Dentro questa considerazione ci sono mille aspetti che meritano di essere indagati, secondo un approccio transdisciplinare che va dalla sociologia dei media alla psicologia dei processi cognitivi.
Riscoprire oggi McLuhan non è un’operazione storica o filologica ma nuovamente sperimentale: rileggere le sue intuizioni con gli occhi odierni consente infatti di cogliere nuovi stimoli all’indagine dei media digitali che ci circondano.

giovedì 7 aprile 2011

Il grande fratello è un algoritmo

Sul blog di Derrick De Kerckhove e Maria Pia Rossignaud ho letto un post molto interessante relativo a una tendenza verso cui stanno andando i motori di ricerca di Internet: l’editing algoritmico invisibile del web.

Già sapevamo della complessità – oltre che dell’evidente potenza - degli algoritmi utilizzati in Rete da Google e dagli altri motori di ricerca. Già avevamo percepito che nei risultati delle ricerche, nel fatto di trovare più o meno facilmente un certo contenuto, interferiscono tanti elementi etero-testuali, cioè estranei ai contenuti oggetto di ricerca.

Ad esempio, l’algoritmo di Google assegna a ogni sito una serie di punteggi per valutarne la pertinenza rispetto ciò che può cercarvi l’utente. In funzione dei punti, risultano più importanti dei contenuti di un sito una serie di fattori dinamici che Google registra e poi utilizza per gli indici: ad esempio, il numero dei link da e verso altri siti, il numero degli utenti che mettono il sito tra i "preferiti", la cd. "frequenza di rimbalzo"... cioè la percentuale di utenti che dopo aver scelto un sito da Google decidono di tornare indietro.. più alto è il numero di coloro che “rimbalzano”, peggio il sito è considerato sul motore di ricerca.  
Oggi occorre evidenziare un pericolo maggiore e crescente: memorizzando i risultati personalizzati di ricerca, gli update dei motori e dei siti di informazione minacciano di limitare la possibilità dei lettori di essere esposti a informazioni nuove, diverse, “altre”, anche a livello formale, rispetto quelle a cui sono già stati sottoposti, restringendo quindi il loro “sguardo”. L’effetto immediato e evidente di questo tipo di algoritmi è che alla stessa ricerca, effettuata da soggetti diversi, potranno corrispondere risultati differenti in funzione di vari elementi personali. Ad esempio sulla base della geo-localizzazione: alla stessa domanda, un cittadino del sud del mondo potrebbe ricevere risposte diverse rispetto a un cittadino del nord. Già oggi il servizio Googles Updates permette di perfezionare le ricerche per renderle più vicine alle esigenze del “ricercatore”, purtroppo visto sempre più solo come “consumatore” e in esso costretto a trasformarsi.

Insomma, algoritmi sofisticati e potenze economiche del web sono la fusione nitro-glicerinica in grado di far sparire il carattere originariamente più affascinante della Rete: la diffusa presenza della diversità.