mercoledì 6 novembre 2013

Il nuovo blog su Huffington Post

A partire da ottobre 2013 curo un nuovo blog per la testata web Huffington Post.
Si trova al seguente indirizzo:
http://www.huffingtonpost.it/marco-pigliacampo/

Trattando le stesse tematiche che affrontavo qui (televisione, internet, comunicazione mediata..), preferisco non aggiornare più questo blog e rinviare a quello di Huffington Post.

Aggiornerò periodicamente, invece, le pagine correlate:
Chi sono - Libri - Articoli

A ritrovarci sul Post!




domenica 22 settembre 2013

I giornali lottatori incatenati


La prima pagina dei giornali italiani consegna spesso la rappresentazione plastica dello stato del giornalismo nel nostro Paese. Uno legge i titoli principali e pensa "Ma non c'è altro di più importante?".. Sì che c'è, e se ne accorge se fa il confronto con i giornali esteri.

Oggi domenica 22 settembre, ad esempio, Le Monde, The Guardian, El Pais aprono tutti sull'attentato terroristico in Kenya, a Nairobi, che peraltro ha coinvolto anche occidentali. Sapete quali sono i titoli di apertura dei nostri giornali più "autorevoli"?
Corriere: "Saccomanni pronto a lasciare"
Repubblica: "Caos Pd, Renzi contro il premier"
Per tacere dei vari Giornale, Libero, etc.

Chi segue la stampa internazionale sa bene che non è una giornata particolare, che anzi questo avviene quasi quotidianamente. È evidente che qualcosa non va nel giornalismo italiano. Cominciamo da qui, ad essere d'accordo che una patologia esiste. Poi possiamo dibattere a lungo sulle cause e le ragioni di fondo (che di certo non riguardano solo la categoria dei giornalisti), ma sapendo tutti che bisogna cambiare per uscire da un impasse che fa solo male: ai giornalisti, ai politici, ai lettori, ai giovani, alla crescita culturale ed economica dell'intero Paese.

Diceva McLuhan, già negli anni '70, che la contrapposizione quotidiana tra un giornale conservatore e uno progressista è come quella di due lottatori incatenati e chiusi dentro un baule. In Italia è ancora così: continuano a combattersi l'un l'altro ma non sanno nulla di cosa accade fuori.

venerdì 20 settembre 2013

Quando Facebook va in Tv

"Ehi! Tra non molto su @La7tv c'è #TheSocialNetwork. Non vedo l'ora di seguirlo su Twitter #Facebook #cinema #film"
Ieri sera giovedì 19 settembre è stata la sera del cortocircuito... come giustamente ha segnalato per primo su twitter Alberto D'Ottavi.
È la sera in cui in televisione vediamo un film per il cinema che racconta la storia di Facebook e stiamo a commentarlo su Twitter!
Il cortocircuito stesso è metafora di questo tempo.

Per chi non l'ha visto: The Social Network è un film del 2010 di David Fincher incentrato su Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, dai primi passi fino alla causa da 600 milioni di dollari indetta contro di lui. Mark è uno studente ad Harvard e brillante programmatore. Dopo essere stato lasciato dalla ragazza, Erica Albright, nell'arco di una notte crea "FaceMash", un sito che mette a confronto le ragazze di Harvard e consente di votare tra due ragazze scelte casualmente. Il sito ha tanto successo da mandare in crash i server dell'università. Poco tempo dopo Zuckerberg si fa finanziare da un amico per avviare il progetto di "TheFaceBook", che diventa rapidamente popolare tra gli studenti di Harvard, eppoi Yale, Columbia e Stanford. Il successo globale va di pari passo con la necessità per Zuckerberg di fronteggiare le cause legali indette contro di lui da parte dei suoi primi finanziatori.
Nella scena finale del film, si vede Mark che invia una richiesta di amicizia alla sua ex ragazza Erica e effettua in continuazione il refresh della pagina, in impaziente attesa di una risposta.
"c'è #TheSocialNetwork su La7. Ho scoperto che ci troviamo in questo inferno perché mark ha bisticciato con la fidanzata"

I commenti viaggiano in rete e alimentare il cortocircuito può essere affascinante, ma più di tutto è sorprendente - guardando il film - il sottotesto che presenta.
Attraverso la storia di Facebook e del suo creatore, Fincher rappresenta una generazione di giovani emotivamente incoerenti, psicologicamente deboli, che stringe infiniti rapporti via web ma non sa come recuperare quelli a cui tiene.
Probabilmente Fincher non ha un giudizio positivo sulla diffusione di Facebook, sicuramente il suo film insinua nello spettatore l'idea che Internet e in particolare i social network rappresentino un'illusione, un miraggio di vita sociale.

Il punto è che lo sguardo del regista è viziato da un pregiudizio, quello di chi guarda una cultura senza spogliarsi della propria.
Un antropologo lo definerebbe come un giudizio etnocentrico.
Un mediologo come il giudizio di un medium su un medium: in questo caso è il giudizio del cinema su di internet.



sabato 14 settembre 2013

Twitta la Tv

Non sorprende certo che il 65% degli utenti di Twitter "cinguettano" davanti alla Televisione. E che, secondo la stessa ricerca della Nielsen (vedi Repubblica.it), il 33% parla di quello che sta guardando in Tv, generando un immediato aumento degli ascolti per i programmi citati. Il 29% delle conversazioni su Twitter ha causato cambiamenti significativi di pubblico televisivo, mentre addirittura il 48% dei programmi Tv influenza l'attività degli utenti del social network.

Quando un nuovo medium si diffonde, il suo pubblico fa sempre riferimento al medium precedente. É stato così per la televisione rispetto al cinema, per la fotografia rispetto alla pittura, persino per il libro stampato rispetto al manoscritto. Dall'incontro tra due media nascono sempre forme ibride che hanno notevole presa sulle persone entusiaste del nuovo mezzo ma non ne rivelano ancora le caratteristiche più tipiche.

Paradossalmente, solo in queste fasi di evoluzione riusciamo ad uscire dal "sonno" in cui ci ha trascinato il media precedente e vederlo nel suo complesso. È solo con Internet e le nuove tecnologie digitali che finalmente abbiamo capito la televisione, per decenni incompresa, considerata a lungo una variante del cinema o comunque un mezzo in grado di "programmare" opere compiute.

In questi periodi di "rivelazione", tuttavia, la maggior parte delle persone non si sofferma più sul mezzo precedente, ma viene trascinata dall'entusiasmo per il nuovo mezzo, dal piacere di trovare attraverso esso nuove forme di approvazione sociale, verso una "ipnosi narcisistica" che ancora per lungo tempo impedirà di capire le proprietà mediali del nuovo strumento.

martedì 10 settembre 2013

Il guru è nudo

Non è dato conoscere l'intero discorso tenuto da Casaleggio a Cernobbio (il testo è stato annunciato sul blog di Grillo e poi non pubblicato), ma il senso delle sue parole è evidente dalle citazioni riportate dai giornali.
Il "guru" ha spiegato il web al pubblico di industriali e politici sottolineando quanto sia qualcosa di completamente differente dai mass media finora conosciuti: "Internet non è solo un altro media, ma è un processo di trasformazione".
Li ha pure messi in guardia da un prossimo futuro con poche certezze: "Giornali e Tv sono gli strumenti del potere, ma per fortuna declinano davanti alla Rete".
Basta per capire che il guru dei Cinquestelle sarà pure un bravissimo imprenditore della comunicazione, ma di certo non è uno studioso dei media.
Chi ha letto qualche libro in materia, magari McLuhan, non accetta quella banale contrapposizione tra i media che fanno i ragazzi al primo anno di Scienze della comunicazione.
Chi ha studiato sa che il contenuto di un medium è sempre un altro medium. E proprio per questo è difficile comprenderne le caratteristiche più tipiche.
Ciò che vale per Internet, quindi, vale ugualmente per la televisione, la fotografia, la radio, il telegrafo, la stampa e via dicendo.
Persino la "tecnologia" della parola orale contiene un altro medium, che è il processo mentale, il quale può essere rappresentato in forme diverse, come ci insegnano le persone sorde.
Insomma, ogni nuovo media non è mai qualcosa di assolutamente nuovo, ma è una sorta di accumulazione: si aggiunge ai precedenti strumenti interiorizzando le loro strutture e caratteristiche, a volte esasperandone alcune per finire a negarle, come un rovesciamento dello schema.
Certo che la diffusione della rete è un fenomeno mediatico (e quindi sociale ed economico) enorme, che ha già cambiato e continuerà a cambiare le nostre abitudini cognitive, prima ancora che sociali, ma ciò non basta a isolarla e farne un totem.
Piuttosto, è proprio grazie a Internet che oggi abbiamo maggiore consapevolezza - almeno come studiosi - delle proprietà mediali della televisione.
La contrapposizione tra Tv e Web che Casaleggio propone è quindi molto banale e troppo semplicistica, perfino sospetta, se si considera appieno il senso delle frasi in cui parla di "potere".
Già l'ho segnalato e le parole del "guru" me lo confermano: c'è un utilizzo programmatico del web da parte di Grillo e dei Cinquestelle che serve a sostenere l’immagine “anti-sistema” del movimento presso gli altri media, a cominciare dalla tv. L'unico modo per stare tutti i giorni in televisione senza subirne la capacità corruttiva è muoversi “contro la televisione”. E il modo più elevato per apparire “anti-televisivo” è l’apologia della Rete come mezzo di comunicazione opposto alla Tv, come zona libera dai condizionamenti del potere e presunto veicolo di partecipazione diretta. Il Web per parlare alla Tv.

Già il caro Marshall ci aveva avvertito: "Ogni medium è un'arma poderosa per aggredire altri media".

 

lunedì 5 agosto 2013

la citazione

L'ho scoperto con qualche settimana di ritardo, ma mi ha fatto molto piacere: un editoriale di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, ha citato un aforisma tratto dal mio libro su McLuhan. Vero motivo di piacere è che non si tratta di una frase nota del caro Marshall, ma di una 'chicca' che era rimasta sconosciuta per più di quarant'anni. 'Sconosciuta' ma non certo 'inedita', poiché inserita in uno dei suoi libri più importanti (La sposa meccanica), ben poco letto dal grande pubblico e ancor meno approfondito dagli 'intellettuali'.

Il fatto stimola molte riflessioni, sia con riguardo al 'nostro', confermando le previsioni di De Kerckhove ("McLuhan è più adatto alle menti di oggi che a quelle della sua generazione"), sia con riguardo alle attuali condizioni del sistema mediale: oggi anche il più autorevole giornale italiano non può essere 'guida' culturale ma 'eco' delle idee più interessanti che i suoi editorialisti scoprono - presumilmente - in rete.

Peraltro, l'aforisma scelto da Stella è uno dei più divertenti tra quelli di McLuhan e si presta a ulteriori riflessioni:
"Affermare che i sondaggi siano un modo per consultare la saggezza collettiva equivale a dire di poter estrarre la radice quadrata di uno spazzolino da denti di color rosa".

http://www.corriere.it/editoriali/13_giugno_06/il-coraggio-di-decidere-gian-antonio-stella_86691bbc-ce62-11e2-869d-f6978a004866.shtml

domenica 21 luglio 2013

Tanti auguri Marshall

Oggi è il compleanno di McLuhan.
Il 21 luglio di 102 anni fa, infatti, nasceva a Edmonton, Canada occidentale, quasi Alaska, un bimbo che fu chiamato Marshall.
Che crebbe e studiò letteratura inglese a Manitoba. Si trasferì in Inghilterra, si specializzò in comunicazione a Cambridge. Che insegnò prima all’Università del Wisconsin, Stati Uniti, eppoi a quella di Toronto, ancora Canada. Che non scelse un punto di vista.
Che vide crescere la radio, la televisione, la pubblicità. E al loro diffondersi scrisse di una Sposa meccanica, di una Galassia Gutenberg, di molte Estensioni dell’uomo.
Che fece scalpore. Diventò il fenomeno della contro-cultura intellettuale. E “l’imbecille più convinto del secolo”.
Che fu contestato e poi dimenticato.
Che insegnò a vedere le cose nel profondo, a dubitare del proprio sentire, a capire che l’invenzione è la madre delle necessità.
Che è resuscitato vent’anni dopo la morte.
E da dieci anni vive nei libri sui mass media, nella rete di comunicazione globale, nei nodi dell’intelligenza connessa.
Ci parla di continuo e ha ancora tanto da dire.
Non possiamo che chiedergli lumi sui nuovi media, su internet, web tv e mobile.
Non possiamo che augurargli altri cent’anni di questi giorni.

http://www.huffingtonpost.it/massimo-jatosti/tanti-auguri-marshall_b_3631052.html

domenica 23 giugno 2013

L'uovo e la gallina di McLuhan

"Invece di continuare a chiedersi se sia nato prima l'uovo o la gallina, è necessario riconoscere che la gallina è solo l'idea escogitata da un uovo per produrre altre uova".

Mentre sto leggendo il libro di Freccero sulla televisione (che consiglio), colgo improvvisamente tutta la portata di questa nota divertente frase di McLuhan.
È la pagina del libro dedicata al rapporto dialettico tra media e cultura: un medium può modificare la cultura di una società, influendo sulla strutturazione del modo di pensare delle persone? oppure si tratta di uno specchio fedele in grado di rappresentare con chiarezza quello che è già lo spirito di una società?

Ecco, smettiamo di chiedercelo e - associando "uovo" a "medium" e  "gallina" a "società" - andiamo a comprendere quanto sia profondo, potente, irriducibile, l'effetto sociale dei media.


domenica 9 giugno 2013

Come i Poke a Facebook - 2

Capire il significato dei termini usati nei social network è sempre complicato e può essere illuminante. Poke, ad esempio, ha una storia da raccontare.

In inglese significa letteralmente "stuzzicare" qualcuno per attirarne l'attenzione. Fu scelto dai creatori di Facebook qualche anno fa per una funzione che consentiva di mostrare interesse per un profilo personale senza chiedere "amicizia" o scrivere una mail. L'idea era fornire un modo "ufficiale" per mostrare a qualcuno il proprio personale interesse, a cui il destinatario  poteva rispondere accettando le attenzioni. Se pokavi qualcuno, nella sua pagina appariva un'icona a comunicarglielo e chiedergli feedback, se lui sceglieva poke back allora Facebook consentiva ai due di essere temporaneamente "amici" e vedere i propri profili personali per una settimana.

Evidentemente la funzione non ha avuto successo, visto che già pochi mesi dopo era stata semplificata, rimanendo solo un modo per inviare squilli virtuali per attirare l'attenzione dei destinatari (questa volta già "amici"), così come peraltro già facevano gli utenti di Messenger. Un modo di comunicare, questo sì, che si è diffuso tantissimo e che accomuna i social network ai telefonini nel loro "muto" utilizzo: il trillo diventa una forma di comunicazione tutta da decifrare, che spesso non vuol dire solo "Ti ho pensato", ma molto di più in base a ciò che i due dialoganti già conoscono. Un messaggio articolato, eppure senza parole.

La terza generazione di Poke è storia recente, che estremizza questo modo di comunicare. A inizio 2013, infatti, Facebook ha lanciato una nuova applicazione per smartphone che si chiama, appunto, Poke. La app consente di inviare ai propri amici messaggi multimediali istantanei, brevi testi corredati di una fotografia o di un video, che si autodistruggono pochi secondi dopo essere stati letti dal destinatario. Chi invia il messaggio infatti decide per quanti secondi (1, 3, 5 o 10) il contenuto potrà essere letto dopo l’apertura, prima di auto-distruggersi automaticamente e sparire dal telefonino. Carpe diem!

L'idea dell'autodistruzione del messaggio non è originalissima, visto che da prima di Poke la usa Snapchat, una applicazione che ha riscosso un discreto successo negli Stati Uniti e che consente di inviare da smartphone a smartphone fotografie che si cancellano da sole dopo essere state viste. Tuttavia la potenza di Facebook sta immediatamente portando al successo di Poke e alla diffusione di una nuova forma di comunicazione sempre meno estesa, non più solo muta ma perfino fugace.

"Questo messaggio è segreto. Dopo che lo hai letto, auto-distruggiti."
(uno dei più divertiti aforismi di McLuhan)

venerdì 31 maggio 2013

Come i Poke a Facebook


Oramai non c'è programma Tv nuovo (o che nuovo voglia sembrare) che non preveda un canale col web, con quello che scrivono i vari Mirko, Marika... il pubblico tutto. Alcuni fanno scorrere i messaggi in sovrimpressione, altri li leggono in uno spazio apposito, una finestra aperta sul pubblico. Così a The Voice, il programma musicale di Rai2, dove nella sua "web room", armata di Ipad, sta Carolina Di Domenico a leggere messaggi. Quelli che le arrivano dai tele-spettatori sono moltissimi, oltre 50 mila tweet nel corso delle puntate.

Ma che hanno da dire tutti questi messaggi? Di solito ben poco: anche fra quelli scelti e letti in diretta è tutto un susseguirsi di commenti scontati, complimenti esagerati, frasi ben poco memorabili. Stasera... un lampo di luce.

"... e posso leggere anche il tweet di Marko su di me:

Carolina sta a The Voice come i Poke a Facebook."

frase straordinaria. molto più interessante e profonda di quello che l'autore stesso (credo) intendeva dire.




venerdì 24 maggio 2013

L'umanità intera come pelle


Ciò che più ha stupito di quanto accaduto mercoledì a Londra, dove due giovani inglesi di origine nigeriana hanno ucciso un militare britannico, non è tanto l'efferatezza del delitto quanto l'atteggiamento dei due assassini. Hanno agito, prima e dopo l'omicidio, come se il loro quartiere di periferia fosse una ribalta mondiale, come fosse assolutamente plausibile uccidere un ragazzo di Woolwich per la causa internazionale dell'islamismo militante.
Lo ha sottolineato oggi Repubblica con un commento di John Lloyd, secondo cui "questi uomini vivono in Gran Bretagna, ma la loro vita mentale e spirituale è globale, si nutre di immagini e testi trovati in Internet, è incorniciata dal sogno di una Jihad così potente da poter spalancare le porte a un califfato globale. Questa visione millenaria è profondamente estranea a un Regno Unito in gran parte irreligioso, dove tutto ciò pare esclusivamente stravagante. Ma proprio questo conferisce loro una forza diabolica."

Le stesse cose si potrebbero dire dei fratelli americani, di origine cecena, protagonisti dell'attentato alla maratona di Boston. Giovani uomini che sono mediamente più acculturati e tecnologicizzati di coloro che vivono nello stesso quartiere (nonostante la diffusione degli smartphone, gran parte delle persone non utilizzano il web oltre i servizi più noti), ma che soffrono della propensione ad essere fortemente impressionabili da tutto quanto rappresentato sulla scena mediatica globale. La ragnatela del sistema mediatico mondiale li ha come catturati ed è nel delirio del sentirsi vittime che cresce l'idea di un atto terroristico: non più solo spettatori ma attori protagonisti. Non a caso, uno degli assassini di Londra chiede immediatamente di essere registrato da uno smartphone, conscio che sarà visto ovunque, aprendo personalmente la finestra del mondo su di lui.

L'effetto di tutto ciò è una sorta di dissociazione spazio-temporale tra la realtà 'vicina' e quella 'lontana', che la sensibilità di questi uomini distorce e inverte sistematicamente fino a convincerli che possono fare molto di più per il popolo afgano che per la signora del piano di sopra. Diceva McLuhan che "nell'era elettronica avremo l'intera umanità come nostra pelle" e in qualche modo fatti come questi ne sono una conferma, la speranza è viverne presto anche il lato positivo.

giovedì 16 maggio 2013

Il Grillismo: nuova forma di videocrazia

Molti commentatori e notisti politici si sono interrogati negli ultimi mesi sul clamoroso successo elettorale del Movimento 5 Stelle. Me ne sono interessato anch'io e segnalo un mio pezzo pubblicato ieri sulla rivista "Media2000".

È un'analisi dell'uso dei media da parte del M5S, in particolare del contro-rapporto tra Grillo e la Tv. La mia idea di fondo è che la televisione commerciale degli ultimi vent'anni abbia progressivamente diffuso schemi culturali "anti-sistema" che oggi Grillo sfrutta appieno.

"Il Grillismo: una cultura (televisiva) anti-potere e assolutiva"
  http://www.mediaduemila.it/?p=12992

domenica 12 maggio 2013

Notizie che non lo erano

Da Il Post.it ennesimi sintomi di mala-giornalismo italiano:
http://www.wittgenstein.it/2013/03/18/notizie-che-non-lo-erano-201/

Oramai la patologia è accertata, ma bisogna ragionare ancora molto su cause e terapia.

"Le vendite di libri e giornali non sono come dovrebbero essere, ma la malattia gode di uno stato di salute eccellente" (M. McLuhan)

sabato 20 aprile 2013

diffuso delirio

Vedo e leggo un sacco di gente che grida e non ascolta,
che ha una sola ragione e non vuol sentire ragioni altrui,
che crede di poter cambiare qualcosa da sola..

Come un diffuso delirio di onnipotenza.


mercoledì 20 marzo 2013

I profeti di ieri e quelli di oggi

Stamane sul Corriere una lectio magistralis di Paolo Mieli su Machiavelli e Savonarola..
Sembra storia che parla del presente. E dei 'profeti disarmati' di oggi.

"È straordinario vedere in mezzo alle passioni, agli urti, alle fantasie eccitate e al generale confusionismo dello spirito di quel momento, un giovane, che avrebbe avuto tutte le ragioni politiche d'andar d'accordo col Savonarola, mettersi risolutamente in disparte, non credere a nulla di quello che diceva, pesarlo come forza politica e presentire che essa si sarebbe dissolta alla prova del fuoco. Con grande disprezzo, Machiavelli deve aver considerato il profeta ch'entusiasmava i suoi fiorentini; e di quel disprezzo si sente ancora tutto il peso nel nomignolo con il quale ha poi bollato tutti coloro che, come Savonarola, hanno eccitato gli uomini a ideali troppo alti per l'universa mediocrità, lontani dalla realtà dei loro tempi, e non decisi ad adoprare i mezzi necessari per realizzarli… i profeti disarmati."

sabato 2 febbraio 2013

il conduttore non sa parlare? meglio!

A curiosare tra i canali della tv digitale si scoprono di continuo nuovi programmi (di solito format targati USA) e nuovi “tipi da tv”, che conducono o semplicemente riempiono lo schermo. Avete notato che una percentuale altissima di questi nuovi personaggi sono stranieri? Parlano italiano, ma incappano continuamente in mille strafalcioni. Eppure sono preferiti a conduttori nostrani.
Non è un caso. Ciò che piace al pubblico televisivo è proprio il loro modo d’usare la lingua... che chiamerei “a bassa definizione”.
Mi vien da dire che questa preferenza per l’accento estero (specialmente inglese, ma anche francese e spagnolo) è l’effetto particolare di un principio mcluhaniano che vale per la tv a livello generale e poi si declina in tanti aspetti specifici:
La televisione preferisce trasmettere procedimenti di lavorazione piuttosto che prodotti finiti.”