domenica 24 luglio 2011

Cent'anni e molti equivoci

Si celebra in questi giorni (per la precisione, lo scorso 21 luglio) il centenario della nascita di McLuhan. Partecipo alla celebrazione con un modesto contributo sui temi di cui abbiamo parlato anche all'incontro del 13 luglio scorso: gli aforismi, le profezie, i tanti equivoci sulle sue idee.

Tra i motivi che hanno sollecitato una raccolta sistematica di frasi di Marshall H. McLuhan, oltre al fascino della figura, c’è la sensazione che si potesse fare qualcosa di più, in Italia, per rendere il suo pensiero più accessibile. Si incontra spesso un utilizzo quantomeno riduttivo se non fuorviante delle sue parole, sicuramente in articoli di stampa, a volte anche in saggi di studiosi. Si possono fare alcune considerazioni, in proposito, su tre ambiti specifici: la modalità espositiva di McLuhan, la sua capacità “profetica”, il suo contenuto “politico”.

Di aforismi, frasi a effetto, giochi parole, McLuhan ne produceva a bizzeffe, soprattutto nelle conferenze, nelle lezioni, nelle interviste televisive, ma anche nelle sue opere scientifiche, tant’è che la maggior parte delle frasi presenti nel libro che abbiamo curato sono estratte dalle sue tre principali opere scientifiche (La sposa meccanica, Galassia Gutenberg, Gli strumenti del comunicare): era un suo peculiare modo di produrre riflessione scientifica.
McLuhan aveva una grande fiducia nelle capacità delle forme orali di facilitare la riflessione. Proprio per questo non credeva fosse necessario raccoglierli sistematicamente in un volume: l’unico libro che fece che assomiglia a una raccolta di aforismi, lo intitolò “Il libro delle sonde”. Il concetto è affascinante:  ogni aforisma può essere come una sonda medica che aiuta a esaminare nel profondo le proprie idee. A conferma di questa idea, diceva: Il lettore passivo preferisce i testi compiuti, ma coloro che sono interessati a perseguire la conoscenza ricorrono agli aforismi, proprio perché sono incompleti e richiedono una profonda partecipazione della mente.
C’è da dire, credo, che proprio questo suo modo di produrre è stato uno dei motivi della diffusa incomprensione delle sue tesi più profonde. Sicuramente tante espressioni da lui create (“villaggio globale”, “galassia Gutenberg”, “il medium è il messaggio”) sono state ripetutamente e sempre più spesso utilizzate negli anni, ma non mantenendone sempre i significati originali, che sono molto più profondi di quelli che appaiono a priva vista. Purtroppo è lecito domandarsi, ancora oggi, se le teorie di McLuhan siano realmente visibili sotto una manciata di frasi che sono note ma che assomigliano sempre di più a quelli frasi rituali, quelle formule liturgiche, più facili da ricordare che da comprendere.

Passando al secondo aspetto: è di certo affascinante in McLuhan la sua enorme capacità predittiva, che per certi versi è inspiegabile. In molte sue affermazioni c’è una capacità di pre-figurazione e di anticipazione storica talmente forte che sembra siano state scritte oggi. Se poi si pensa che le ha scritte negli anni ’60, si resta sbalorditi a pensare su quali potevano essere stati, all’epoca, i “segnali deboli” da cui poteva aver intuito così tanto. Basti pensare che quando coniava frasi come La televisione preferisce trasmettere procedimenti di lavorazione piuttosto che prodotti finiti” poteva vedere solo i programmi tv di quegli anni, assolutamente  composti, che tutto facevano pensare tranne che a un prodotto instabile.
Oppure quando scriveva che L’esteriorizzazione dei sensi da parte dei media crea un cervello tecnologico mondialenon esistevano i personal computer, la telematica, né tantomeno Internet.
Quando si legge McLuhan, non si ha mai la sensazione che si stia riferendo a qualcosa di passato, ma tutt’altro, sempre a qualcosa di molto nuovo o addirittura che sta per arrivare.
C’è da dire – pure qui – che anche il valore profetico di ciò che scriveva McLuhan non ha agevolato l’accettazione delle sue tesi. La sensazione è che molti studiosi o osservatori scettici, si siano concentrati, negli anni, su  un atteggiamento “diagnostico” di quello che poteva essere il reale valore profetico delle singole frasi di McLuhan, tralasciando la sostanza delle sue tesi.
Quanto poco gli interessasse il valore profetico delle sue teorie è indicato da aforismi come  Il vero profeta è colui che sul futuro non dice mai nulla di nuovo” o la frase “Il futuro del futuro è il presente”.

Di certo, Il combinato disposto di un atteggiamento diagnostico degli scettici e del suo modo di scrivere ha lungamente creato, e crea ancora oggi, molte incomprensioni.
Uno degli equivoci più diffusi, per fare solo un esempio, riguarda la “profezia” del “villaggio globale”: molti studiosi concordano sul fatto che oggi è possibile comunicare in tempo reale con tutto il globo, ma nel segnalare che i rapporti sociali costruiti mediante le nuove tecnologie non hanno la solidità e il valore di quelli tradizionali, dichiarano che la profezia di McLuhan non si sarebbe avverata. La verità è la sua “profezia”, se così vogliamo chiamarla, è che i nuovi mezzi si caratterizzano per essi stessi (per le proprie strutture mediali) come promotori di nuove socialità, che hanno caratteristiche del tutto peculiari. Alcune di esse facilitano il recupero di abitudini tipiche delle comunità tradizionali (l'immediatezza, il coinvolgimento emotivo, etc.), mentre altre provocano l’insorgere di nuove abitudini, indipendenti e spesso opposte a quelle già diffuse. Il “villaggio globale” non è una comunità tradizionale divenuta grande quanto il globo, ma una condizione ampiamente inedita.

Tutto ciò si collega al terzo aspetto, il contenuto di McLuhan più “politico”, nel senso più ampio del termine. Questi fraintendimenti, infatti, derivano in buona parte dall’idea secondo la quale McLuhan fosse un apologeta dell’innovazione tecnologica, un “integrato”, se vogliamo utilizzare ancora la vecchia distinzione di Umberto Eco tra apocalittici e integrati. Non è così. Per McLuhan, i nuovi media sono una grande occasione per la ricerca, per la scuola, per le agenzie educative: analizzare i meccanismi di funzionamento dei nuovi media può contribuire a comprendere le capacità di influenza già presenti nei media tradizionali, i giornali, i libri, la pubblicità. In questo senso, anche la nota frase “il medium è il messaggiosignifica molto di più di quello che spesso si ripete nei contesti più disparati. Non tanto che la forma è più importante del contenuto, ma che, per dirla con le sue parole: Il contenuto di un medium è il succoso pezzo di carne con il quale il ladro tecnologico distrae il cane da guardia dello spirito”.
E McLuhan non era un integrato anche perché denunciava fortemente questa mancanza di consapevolezza circa gli effetti dei media sui comportamenti individuali e collettivi delle persone. Parlava di “sonno ipnotico” nel quale finivano per cadere tutti coloro che non erano in grado di esaminare i media con la dovuta attenzione. Mentre ancora si dibatteva, negli anni ’60, sui totalitarismi che hanno attraversato il secolo scorso, McLuhan era già preoccupato del diffondersi di una nuova forma di totalitarismo, più subdolo, meno visibile, fondato sull’utilizzo dei media di massa. Da un lato, denunciava – già all’epoca, oggi avrebbe fin troppi esempi – la manipolazione delle notizie come “merci”, fatta degli operatori dell’informazione. Un aforisma: “Quando si scrivono le notizie come se fossero trasmesse da un solo uomo per un altro uomo, c’è sempre il rischio che un tipo pericoloso di uomo si insinui al posto di controllo”.
Dall’altro lato, diceva che il pericolo del totalitarismo tecnologico si basa anche semplicemente sull’utilizzo commerciale e acritico dei media di massa.
Anche quando il signor Luce si accontenta dell’irresponsabile manipolazione delle tecniche mediatiche senza mirare a conseguire un diretto potere politico, tuttavia l’effetto del Balletto Luce è politico: dalla scena di questo potente intrattenimento emerge un pubblico rapito, inerme, sconsiderato”.

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