venerdì 20 settembre 2013

Quando Facebook va in Tv

"Ehi! Tra non molto su @La7tv c'è #TheSocialNetwork. Non vedo l'ora di seguirlo su Twitter #Facebook #cinema #film"
Ieri sera giovedì 19 settembre è stata la sera del cortocircuito... come giustamente ha segnalato per primo su twitter Alberto D'Ottavi.
È la sera in cui in televisione vediamo un film per il cinema che racconta la storia di Facebook e stiamo a commentarlo su Twitter!
Il cortocircuito stesso è metafora di questo tempo.

Per chi non l'ha visto: The Social Network è un film del 2010 di David Fincher incentrato su Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, dai primi passi fino alla causa da 600 milioni di dollari indetta contro di lui. Mark è uno studente ad Harvard e brillante programmatore. Dopo essere stato lasciato dalla ragazza, Erica Albright, nell'arco di una notte crea "FaceMash", un sito che mette a confronto le ragazze di Harvard e consente di votare tra due ragazze scelte casualmente. Il sito ha tanto successo da mandare in crash i server dell'università. Poco tempo dopo Zuckerberg si fa finanziare da un amico per avviare il progetto di "TheFaceBook", che diventa rapidamente popolare tra gli studenti di Harvard, eppoi Yale, Columbia e Stanford. Il successo globale va di pari passo con la necessità per Zuckerberg di fronteggiare le cause legali indette contro di lui da parte dei suoi primi finanziatori.
Nella scena finale del film, si vede Mark che invia una richiesta di amicizia alla sua ex ragazza Erica e effettua in continuazione il refresh della pagina, in impaziente attesa di una risposta.
"c'è #TheSocialNetwork su La7. Ho scoperto che ci troviamo in questo inferno perché mark ha bisticciato con la fidanzata"

I commenti viaggiano in rete e alimentare il cortocircuito può essere affascinante, ma più di tutto è sorprendente - guardando il film - il sottotesto che presenta.
Attraverso la storia di Facebook e del suo creatore, Fincher rappresenta una generazione di giovani emotivamente incoerenti, psicologicamente deboli, che stringe infiniti rapporti via web ma non sa come recuperare quelli a cui tiene.
Probabilmente Fincher non ha un giudizio positivo sulla diffusione di Facebook, sicuramente il suo film insinua nello spettatore l'idea che Internet e in particolare i social network rappresentino un'illusione, un miraggio di vita sociale.

Il punto è che lo sguardo del regista è viziato da un pregiudizio, quello di chi guarda una cultura senza spogliarsi della propria.
Un antropologo lo definerebbe come un giudizio etnocentrico.
Un mediologo come il giudizio di un medium su un medium: in questo caso è il giudizio del cinema su di internet.



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