venerdì 6 gennaio 2012

Se la compliance è cultura

L'impegno professionale in ABI [ABIFormazione, in particolare] mi consente di approfondire i cambiamenti culturali che le persone impegnate nelle banche italiane stanno vivendo già da qualche anno. Molto interessante, in tal senso, ciò che sta accadendo rispetto al tema del rispetto delle regole poste a tutela dei clienti.
Tecnicamente si parla di 'compliance' ma di certo è un tema culturale.
Ho scritto a tal proposito un articolo, pubblicato dalla rivista digitale 'Compliance Normativa', che ho aggiunto alle pubblicazioni citate nella pagina 'Articoli'.
L'articolo:
- Se la compliance è cultura

lunedì 5 dicembre 2011

appuntamento alla fiera

Se l'8 dicembre siete a Roma, vi raccomando la fiera "Più Libri, Più Liberi" e in particolare...

Tavola Rotonda

LE PROFEZIE DI McLUHAN
A cento anni dalla nascita
Interverrano:
Alberto Abruzzese, Gianpiero Gamaleri, Michele Mirabella,

Mario Morcellini, Marco Pigliacampo, Vincenzo Vita

Giovedì 8 Dicembre, ore 15

PIU' LIBRI PIU' LIBERI
Sala Rubino – Palazzo dei Congressi dell’Eur, P.za Kennedy 1, Roma

domenica 13 novembre 2011

Strisciano le false notizie

La mia opinione su Striscia la Notizia è piuttosto articolata e non proprio positiva; in sintesi, potrei dire che è una di quelle trasmissioni ambigue, come anche Le iene, che tendono a denunciare i peccati e i peccatori del mondo televisivo senza attaccare il modello generale, di cui sono esse stesse esempi eclatanti.
Spesso, comunque, segnala al grande pubblico misfatti e abitudini deplorevoli. Così anche in un servizio di qualche giorno fa su come i telegiornali hanno presentato il tragico alluvione di Genova della scorsa settimana:
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?13916

E' quasi incredibile, eppure è successo che importanti telegiornali (quello di RaiNews24 per primo, poi anche il Tg2 e il Tg3) hanno presentato un evento così drammatico mischiando dolosamente immagini reali dei fatti con immagini di un precedente alluvione, che ci fu a Sestri Ponente più di un anno fa, nell'ottobre 2010, a causa dello straripamento di un altro fiume, il Chiaravagna. Immagini forti, emozionanti, che incollano lo spettatore allo schermo invaso da un'acqua scura e travolgente.

Si parla di errori, del fatto che le immagini di repertorio non sono state archiviate con un marchio che ricordi data e luogo di provenienza. Ma parlare solo di errori è del tutto fuorviante. La verità è che nei nostri telegiornali è diffusa la consolidata e malcelata abitudine dei giornalisti e addetti ai lavori a cercare "scorciatoie" al percorso di lavoro per arrivare per primi o con più immagini a confezionare un servizio spettacolare.
Come se l'unica finalità del loro lavoro fosse quella di confezionare un prodotto accattivante.
Come se l'obiettivo di informare le persone sia meno importante di quella di intrattenerle.
In questo - è evidente - Striscia e i Tg 'ufficiali' si assomigliano moltissimo.

martedì 1 novembre 2011

L’impotenza dei telegiornali (quando ride Sarkò)

La bufera economica che sta colpendo il nostro Paese, portandolo in poco tempo ad essere il più grave pericolo che l’Unione Europa ha mai corso fin dalla sua nascita, sta mettendo a nudo tutta l’inadeguatezza di gran parte dei telegiornali italiani. Non solo la partigianeria delle loro opinioni, ma anche la scarsità dei loro mezzi professionali e deontologici.
E’ stata emblematica la vicenda della settimana scorsa della conferenza stampa di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, in cui hanno risposto con sorrisi ironici alla domanda di una giornalista sulla fiducia che nutrono per Silvio Berlusconi. La puntata di Tv Talk di sabato scorso ha perfettamente riassunto come i telegiornali italiani hanno trattato il fatto tra il giorno stesso della conferenza e il giorno successivo: http://www.tvtalk.rai.it/contributi.asp?page=1&tipo=7&ID=928

In sintesi, addirittura 5 dei 7 maggiori telegiornali non hanno riportato la notizia (Tg5, Tg4, StudioAperto) o l’hanno minimizzata (Tg1 e Tg2), mentre solo chi ha seguito il Tg3 e il Tg di La7 ha avuto modo di sapere cosa era successo. Eppure il giorno seguente, dopo che il Governo aveva diffuso un comunicato in cui stigmatizzava le risate dei due Primi Ministri e dichiarava di “non accettare lezioni da nessuno”, tutti i telegiornali si sono precipitati a commentare e dare le proprie opinioni sulla vicenda: “Sarkozy ha esigenze elettorali..” (Tg1), “la Francia non è in grado di dare lezioni all’Italia..” (Tg2), “Ma che pensino ai loro Paesi..” (Tg4), “L’hanno fatta grossa..” (Tg5), fino a paragonare il Presidente francese a una iena: “Sarkozy Ridens..” (StudioAperto).

Oggi, in Italia, appare purtroppo quasi scontato che ci siano testate giornalistiche (le virgolette sono d’obbligo per chi – come noi – crede ancora al giornalismo..) che un giorno decidono di ignorare completamente una notizia e il giorno seguente la danno per scontata.. ancora senza raccontarla, ma coprendola di opinioni e commenti. La regola base del giornalismo è distinguere i fatti dalle opinioni, mentre qui le notizie passano direttamente da negate a commentate.

Purtroppo l’offerta televisiva dei telegiornali italiani non ci stupisce più, oramai sono tutti ampiamente prevedibili, anche quelli che le notizie le danno con l’idea di aggravarle. Ma non possiamo rassegnarci, non può starci bene. La verità è che si assumono funzioni che non sono loro. Dovrebbero fare – innanzitutto – cronaca. Ma oramai la cronaca della politica si vede solo su La7, perché tutti gli altri telegiornali sono troppo condizionati dall’eccessiva vicinanza, dalla ‘parentela’ direi, con i protagonisti della lotta politica. Fino a 4-5 anni fa, questi comportamenti devianti dei giornalisti nostrani (le omissioni, le minimizzazioni, ecc.) erano molto meno spudorati. Probabilmente perché loro stessi non ne erano ancora assuefatti. Basta ricordare le polemiche che ci furono quando il Tg1 di Mimun minimizzò l’insulto (“Kapò”) di Berlusconi al deputato europeo Schultz.

Ma quest’ultima vicenda ci insegna anche un’altra cosa, se ci pensate bene: che i direttori dei telegiornali italiani cominciano a percepirsi come deboli, come impotenti. Hanno cominciato a dare per scontato che le notizie arrivino comunque, nonostante i loro innumerevoli sforzi per censurarle, ometterle, distorcerle.. ne siamo sempre più convinti anche noi.

martedì 25 ottobre 2011

Le 11 professioni del futuro che c'è adesso

Sono felice di essere stato invitato, lo scorso sabato, dai professori della Lumsa Cesare Protettì e Donatella Pacelli a dialogare con Derrick de Kerckhove su le nuove professioni del mondo del giornalismo e della comunicazione. E' sempre piacevole partecipare a iniziative di confronto e riflessione e scoprire l'interesse di molti, anche giovani, a scambiare le proprie idee o metterle in discussione.  In questo caso, sono doppiamente contento perché il confronto è stato molto fertile, grazie all'idea di De Kerckhove di presentare un'analisi comparata delle nuove professioni del web così come erano state identificate dall'Osservatorio TuttiMedia nel 2004 e dalle ulteriori nuove professioni del giornalismo e della comunicazione on line che oggi, nel 2011, sono le più richieste in Rete secondo una ricerca di Accenture.

Nel breve volgere di 7 anni, uno sviluppo sincopato della comunicazione in Rete (solo apparentemente lineare) ha condotto dalla ricerca di profili professionali che parevano molto innovativi, come "Web Editor", "Database Administrator", "Web Art Director", "Web Content Manger" o anche "Information Broker", verso profili più particolari e più discutibili.
Le 11 nuove professioni del "futuro che c'è adesso" sono:
- l'ottimizzatore di titoli, specializzato nella capacità di scrivere titoli che possano attirare i clic dei lettori;
- l'aggregatore di notizie, che recupera news da tante fonti informative per costruire la propria testata;
l'esperto di narrazione (o, meglio, narratività), che cura lo stile di un articolo per renderlo il più possibile "una storia" che i lettori seguano dall'inizio alla fine; 
il detective di dati, pronto a soccorrere ogni tesi con informazioni "oggettive" a suo supporto;
l'addetto a seguire le notizie, che opera un'azione di "filtro" di ciò che può interessare un soggetto o un'azienda;
- il curatore esplicativo, capace di trovare le risposte alle domande provocate dalla lettura delle notizie stesse;
- lo specialista di slideshow, specializzato nelle presentazioni multimediali;
- il viral checker, specialista di viralità, cioè azioni di marketing e promozione virale;
- il networker, esperto di gestione delle community professionali e, soprattutto, di crowd-sourcing (cioè di attività non retribuite di ideazione e progettazione di servizi o prodotti);
- il creatore di E-Book (l'unico prodotto "nuovo" che il pubblico è disposto a pagare);
- e, infine, il web developer, che rappresenta molto più del "vecchio" web editor.

Ciò che più mi ha colpito nel fare un confronto tra il primo e il secondo gruppo di profili professionali è la loro differente genesi implicita. Il Web Editor o le altre figure del 2004, anche quelle meno tecniche in senso informatico, sembravano proposte professionali intente a rispondere a una grande potenzialità, quella della Rete appunto. C'era in molte di loro (a riguardarle oggi) un forte carattere di pro-attività, come se ognuna di loro fosse una proposta differente per cavalcare e domare in modo diverso la natura selvatica della Rete.
Le professioni cercate oggi, invece, mi sembrano risposte necessarie a una Rete che ha preso tutt'altre strade rispetto a quelle ipotizzate qualche anno fa. Alle proposte incerte di sette anni fa si sostituiscono oggi le risposte precise prodotte da riflessi condizionati e quasi spontanei, come fossero del corpo più che della mente, alle onde della comunicazione che si abbattono sulle nostre spiagge.

Il problema non è solo "filosofico", ma assolutamente concreto.
Non solo perché ognuna di queste nuove figure professionali pone problemi metodologici e operativi rilevanti, ma anche perché, nel complesso, il loro livello di qualità intrinseca appare molto limitato.
Per averne un'illuminante rappresentazione, basta porsi una domanda: mentre qualche anno fa nessuno poteva neanche immaginare che colui che si chiamava "Giornalista" fosse sostituibile da un software, posssiamo avere la stessa certezza a proposito del "Aggregatore di Notizie" ?....
...